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No sign of middle time

Pietro De Vecchi

University / School

Accademia Costume & Moda

Definiamo luoghi comuni delle convenzioni che diventano generalmente condivise nello stesso momento in cui si coglie il senso controverso di tali affermazioni. All’interno del luogo comune si cela la sua stessarivendicazione a non esserlo. Per questa mia ricerca partirò dall’identificazione del luogo comune che caratterizza tutto l’immaginario al quale orbita attorno a quel lunghissimo periodo storico che è stato il medioevo, contrapponendolo però ad un altro luogo comune, inteso questa volta in maniera letteraria. Potremo infatti intendere il “luogo comune” come uno scenario affettivo caratterizzante dell’esperienzapersonale di ognuno di noi, quindi effettivamente e letteralmente come un luogo conosciuto, a cui potremo essere particolarmente legati per qualche motivo. Se dovessi identificare il mio luogo conosciuto sarebbesicuramente il fiume Piave. Luogo di balneazione d’estate così come di passeggiate solitarie d’inverno, è evidentemente il Mio posto. Appare come un corso d’acqua irregolare, famoso per variare ogni anno il corsoall’interno suo letto in seguito alle abbondanti piogge autunnali, creando così di sovente delle pozzepaludose, soprattutto in prossimità della laguna veneta. Da questo scenario acquitrinoso e umido prendescena la mia collezione NO SIGN OF MIDDLE TIME. Il medioevo ritorna prepotentemente insinuandosi negliampi meandri del fiume Piave che incontra l’acqua salmastra di laguna, inglobando l’intera fauna di insetti e di pesci. I personaggi ai quali faccio riferimento per questa mia collezione maschile sono principalmente due:l’abito di corte maschile dell’ultimo medioevo, compresi gli indumenti imbottiti e trapuntati indossati al di sotto delle armature; ed il pescatore, soffermandomi particolarmente su quella tecnica di pesca in uso nelle acquebasse, come potrebbero essere quelle di una laguna: la pesca a mosca, nel quale il pescatore scende dalla sua imbarcazione con degli altissimi stivali impermeabili, camminando quindi tra le acque, armato di canna e retino.

Ad accompagnare quest’unione tra medioevo e pesca ci aiuta un capo che più o meno allegoricamentetratta le caratteristiche di entrambe le sfere di nostra ricerca, che è l’impermeabile in nylon vintage. Perquanto riguarda la pesca è semplice: il nylon è un materiale impermeabile, e fa

 

ampliamente parte del vestiario del pescatore. Per il medioevo la faccenda si fa più interpretativa: il classico esgargiante contrasto tra i colori degli impermeabili da pioggia vintage ricalca

in qualche modo il gusto per il policromo e per i patchwork geometrici degli abiti maschili medievali. Così unimpermeabile diventa il luogo comune di sperimentazione per moulage e collage, portando la mia ricerca alla creazione di 21 silhouette che ricalcano questi concetti di unione e distacco. Ne consegue una lineup che fa del nero la miglior espressione di questo mondo medievale oscuro stereotipato, utilizzando colori come il rosso per rendere

il contrasto di questo concetto caratterizzante. Mi sono avvalso infine dell’utilizzo di due jacquard disegnatidurante il periodo di stage presso Bonotto, realizzati come prove qualità per il campionario della lorocollezione. Il primo più pittorico ritrae delle carpe rosse bianche su sfondo nero, mentre il secondo simula lasinuosità e casualità degli isolotti fangosi che si dissolvono nella laguna, utilizzando questa volta una palette più ecclettica.

The project ‘Trying to stay afloat’ started from the observation of the social phenomenon of the emigration of ice-cream makers from Cadore and Val di Zoldo to different European regions. The phenomenon involved many different generations of ice-cream makers from the beginning of the 20th century until the First World War, and then resumed in different regions such as Germany, Austria, Hungary, Holland, etc. until the social integration of these people in various European centres. More specifically, the story involved Nadia and Vincenzo, my grandparents to whom this collection is dedicated, between the 1950s and 1960s.

Animated by the desire to achieve a dignified lifestyle and the possibility of making a fortune, multitudes ofyoung people from Zoldo ventured to work in ice-cream parlours that would repeatedly take the names Venezia, Cortina, Gondola, Dolomite. The starting scenarios are very close to the condition in southern Italydescribed in the short film I maccheroni (1957), in which a scenario of such misery is outlined that not being able to eat a plate of macaroni is like being left out of a feast that affects everyone, carrying with it the seed of a rampant need for redemption. Subsequently, a parallelism was identified between the emigration story of the Veneto ice cream makers and the emigration events that are a major theme in contemporary life andanimate the debate in the social sphere. The connection between the two strands remains the search forhappy life prospects and the urgent need to find support and acceptance in environments that are not exactly familiar and often repulsive. Taking the matter back to a symbolic and tangible level, the parannanza, the ice-cream man’s uniform, is similar to the life jacket, which is often used in photographic representations of oftenunpleasant immigration anecdotes, and with it becomes the emblem of the attempt of different generations to keep afloat in adverse social contexts.

The development of the design starts with the two articles parannanza and vest, placed in conversation witheach other. Expedients to search for new design cues are to be found in the search for antecedents of the life-jacket garment, some of which represented an interesting addition to the concept to be explored, and in the technique of draping, which finds in particular in the parannanza new possibilities for interpreting the article.